Più che una pietra, a prima vista sembra un quadro che mostra paesaggi  fantastici e castelli in rovina, sotto un cielo azzurro percorso da nuvole grigio rosate: ma questa, invece, è proprio una pietra, anzi una pietra unica al mondo e si trova solo sulle colline circostanti Firenze. La " Pietra di Firenze ", più nota come pietra Paesina o più semplicemente Paesina, è un regalo originale che ci ha fatto la natura : infatti è una roccia calcarea, come molte altre, della varietà Alberese, che  in Toscana si trova un po'  dovunque, ma qui, nei pochi affioramenti attorno a Firenze, questa pietra prende vita con mille toni di colori e sfumature diverse : dal giallo al bruno, dal grigio all'azzurro.

Pietra  Paesina di Monterifrassine ( ritrovamento dell'autore ).

LA STORIA

Già verso la metà del Seicento un nobile tedesco, il Prof. Kircher, aveva notato sui rivestimenti dell'altare della chiesa di S. Sebastiano, a Roma, degli strani marmi con figure simili ad una città in rovina. Questo marmo ruiniforme, come lo chiamò nel suo trattato " Mundes Subterraneus " del 1664, veniva da Firenze. Ed infatti i tagliatori di pietre dure di Firenze, arte allora assai fiorente, avevano da tempo scoperto la bellezza di questa pietra, che veniva estratta in gran segreto in alcune piccole cave del comprensorio.

Nel 1700 e nel secolo successivo questa pietra conobbe la gloria dei salotti mondani, venne usata non solo per produrre mosaici, ma anche come quadro per adornare le ricche ville borghesi. Poi, come sempre accade, anche la Paesina passò nel dimenticatoio e per molti anni non se ne sentì più parlare. Forse l'antica cava di Rimaggio, vicino all'Arno, si era esaurita. Ma agli inizi degli anni settanta, fu trovato morto in un boschetto vicino a Doccia, in località Monterifrassine, un anziano signore, che era solito recarsi in tale località a raccogliere strane pietre. Si scoprì che era l'unico depositario del segreto della pietra Paesina. La varietà più bella e maggiormente pregiata, con il cielo azzurro e le nuvole fluorescenti, non era mai stata estratta da Rimaggio, ma proveniva da quella località. Alla profondità di un metro, al limite tra un bosco di lecci ed un campo coltivato, si trovava uno strano muro a secco naturale, composto per la maggior parte da blocchi di pietra Paesina.

Campione di Paesina che ricorda i Canyons del Colorado

Ma chi era il  cercatore trovato a Monterifrassine?

Ferdinando Innocenti, detto il Rossino, era il discendente di una famiglia di cercatori che si  erano tramandati il

segreto della “vera Paesina”. Suo padre, Raffaello Innocenti, il “Rosso”  (1868-1930), aveva ricevuto , da

giovane, la mappa del giacimento da Alberto Menegatti e la teneva segreta come un tesoro.  

In vecchiaia aveva portato il figlio Ferdinando, nato a Settignano nel 1901, nella località segreta e gli aveva insegnato il “mestiere”. Ma il Rossino solo da anziano aveva ripreso la tradizione familiare, sollecitato dagli stessi artigiani del mosaico fiorentino, mantenendo però sempre il segreto sull’ubicazione del giacimento. 

Si  dice che partisse la mattina presto, fingendo di andare a caccia, col pullman o in bicicletta fino a  Molin del 

Piano  o a Doccia e poi a piedi, portandosi dietro una balla di juta. Ritornava a sera con una o due pietre da

far segare e lucidare da un suo amico marmista .

La maggior parte della Paesina la dava ai mosaicisti, ma una parte la vendeva direttamente su un bancarella al

Mercato di San Lorenzo a Firenze.  

Purtroppo gli anni e gli acciacchi gli resero sempre più difficile effettuare i suoi  “viaggi in collina” , finchè

dall’ultimo  non fece più ritorno, lo trovarono morto vicino ad un ulivo, appoggiato alla sua “balla” piena di

 pietra Paesina.

Da allora ricominciò lo sfruttamento di questa pietra anche se, non essendoci permessi di escavazione e cava, il padrone di quel tempo, dopo aver estratto  grosse quantità di Paesina, acquistata da commercianti di minerali e mosaicisti, dovette ricoprire le “trincee” e rimboschire la collina.  

 

  Pietra paesina con il cielo azzurro sfumato al verde.

 

IL GIACIMENTO

Dopo molti passaggi di proprietà oggi il “podere miracoloso” è di un noto produttore di olio di Grassina e non è più possibile al dilettante andare a raccogliere la Paesina : infatti la zona è recintata ed attentamente sorvegliata dal fattore. Comunque ritrovamenti di Paesina sono anche possibili al Poggio di Villamagna (dietro i campi di tennis), a nord di Fiesole, ad est delle Caldine, a Serpiolle, sopra Scandicci e naturalmente nei dintorni di Doccia (Molin del Piano ).

  LA MAPPA -Ritrovamenti di Paesina nei pressi di Firenze-

La giacitura della pietra Paesina è a Monterifrassine a strati inclinati di circa 35-40 ° rispetto al piano del terreno.

Gli strati sono frantumati in tanti blocchi a formare una specie di muro a secco naturale sotterraneo a profondità variabili da 40 cm a 2 metri. Probabilmente la fratturazione fu causata dall’incurvamento degli strati dovuto al  corrugamento degli  Appennini.

 

   STRATIGRAFIA DEL GIACIMENTO DI PIETRA PAESINA

 

Anche all’interno di ogni blocco sono presenti delle fratture perpendicolari al piano dello strato, fratture spesso sottilissime, da pochi centesimi di millimetro a qualche millimetro e ricementate con calcite cristallina; questa rispetto al calcare Alberese , di cui è fatta la pietra,  che è poroso, è praticamente impermeabile all’acqua.

In queste condizioni, l’acqua di superficie è penetrata nella pietra, ma non in modo omogeneo ma seguendo dei canali formati dall’intreccio delle fratturazioni ricementate.

 

 

  LA PIETRA

 

La pietra Paesina è una varietà di calcare Alberese, calcare compatto, a frattura  concoide, di color grigio chiaro o bianco, assai diffuso negli Appennini Settentrionali, con struttura simile a quella della pietra litografica, ma assai meno omogenea. Anticamente era chiamata anche “Pietra cittadina” , “ Marmo Ruiniforme” o “Pietra di Firenze”. Altre volte si trova indicata nei vecchi libri  come “Pietra del paese di Rimaggio”.Oltre alla Paesina  sono note altre varietà di Alberese con diverse colorazioni,  come il  “ Verde d’Arno” con guglie verdi  (vedi  Notiziario di Mineralogia e Paleontologia del mese di Dicembre 1996), il “Figurato” o “ Lineato” di colore dal bianco avorio a giallo ambra,  con evidenti dendriti di manganese  bruni che formano figure a forma di alberelli, di linee concentriche o  di macchie screziate.

La Paesina classica di Doccia presenta tre zone a colorazione distinta:                       

1) la parte alta  di colore grigio chiaro o violaceo, a grana grossa, parzialmente silicizzata.

E’ questa la “carta d’identità” della pietra , sia perché inconfondibile ed unica, sia perché stando   nella          parte alta è quella destinata ad essere sbeccata dal cercatore;  

 2) la parte intermedia, “ cielo” , di colore grigio o celestino;

 3) la parte più bassa, il “paesaggio”, di colore marrone con varie sfumature brune o di color ocra.

 Spesso il cielo è attraversato da macchie giallastre o grigio chiare, le “nuvole”, fluorescenti alla lampada di Wood, che non sono altro che noduli di calcite cristallina.

Ma come si può essere formato questo paesaggio che tanto somiglia ad un ambiente naturale con rocce,colline, canyon, case in rovina, torri e campanili, nuvole e tramonti violacei ?  

Probabilmente l’acqua penetrando per capillarità nella pietra dal basso verso l’alto ha potuto favorire l'ossida-

 -zione del ferro ( Fe2+ ) di colore verde azzurro, già presente nella pietra, a  ferro-ferrico (Fe3+) di colore bruno, ma solamente seguendo i compartimenti stagni,  formati dalle fratture ricementate. Il colore è perciò passato dal grigio-verde al marrone con tutte le sfumature intermedie.  

Il manganese, invece presente nelle acque è penetrato dall’esterno, seguendo la porosità delle rocce, formando dendriti di biossido di manganese ( MnO2 ),di colore bruno-nero:  

Questo fenomeno, presente anche nelle altre varietà di Alberese, si pensa abbia dato il nome alla pietra calcarea.

    Particolare pietra paesina con venature rossastre date da ocre ematitiche

PRELIEVO ED ANALISI

  Sono stati  analizzati tre campioni di pietra Paesina prelevando dei frammenti  dalla parte alta, grigia, da quella intermedia, celeste, e da quella più bassa marrone.

Ogni campione è stato frantumato,accuratamente pestato in un mortaio e quindi disciolto  in acido cloridrico.

Altri tre campioni sono stati attaccati con acido nitrico . Infatti se attacchiamo la parte celeste con ac. cloridrico,

otteniamo una soluzione verdolina di ione ferroso; se attacchiamo la stessa parte con ac. nitrico otteniamo  una

soluzione giallo-bruna, infatti l’ac. nitrico ossida il ferro da  +2 a +3. Perciò col nitrico abbiamo ottenuto il ferro

totale, con il cloridrico  il ferro ferroso o ferrico.  

Altrimenti è possibile differenziare i due ferro con indicatori specifici come l’ortotoluidina.

L’analisi è stata effettuata per via spettrofotometrica ( UV-VIS ) o quantitativa all’assorbimento atomico            ( AA ).

I risultati confermano la presenza di ferro ( ferroso e ferrico ) in tutta la pietra con la prevalenza del primo nella parte azzurra e del secondo in quella marrone :

  Campione grigio     : Fe totale = 5,6 %,  Fe2+= 4,7 % , Fe3+ = 0,9 % , Cu2+ =  0,3 % , Mn2+ = 0,56 %

  Campione celeste   : Fe totale = 4,8%,  Fe2+ = 4,2 % , Fe3+ = 0,6 % , Cu2+= 0,4 % ,  Mn2+ = assente

  Campione marrone : Fe totale = 5,8 % , Fe2+ = 0,8 %,  Fe3+ = 5 %  ,  Cu2+ = 0,1% ,  Mn2+ = 0,9%

 

 

            

 

 

I poeti da sempre hanno cercato di definire il colore dell'Arno: l'Arno d'argento o turchino con riflessi d'oro?

Secondo un'antica leggenda l'Arno è verde smeraldo e le pietre che sono bagnate dalla sua acqua pian piano si tingono di questo colore; nasce così il Verde d'Arno. Una pietra dura tanto ricercata e tanto rara che sembra nascondersi con malcelata furbizia tra i ciottoli della riva dell'Arno.

A vederlo da fuori sembra un comune sasso un pò arrotondato,  giallo o bruno come ce ne sono a migliaia sulle rive del fiume, ma chi per caso ne scalfisce la superficie si accorge con stupore che sotto la crosta si nasconde un mondo fantastico. Mille guglie verdi si rincorrono su uno sfondo argenteo, secondo un disegno armonico, ma così bizzarro da far invidia al più bravo pittore astrattista.

  Campione di verde d'Arno ( Pescaia delle Cascine-Firenze)

Ma chi ha scoperto questa pietra così unica donata da sempre dal letto del fiume Arno?

C'è chi dice sia stato Benedetto Peruzzi, vissuto nella seconda metà del 1300 e fondatore a Firenze dell'arte del mosaico. Altri ne attribuiscono la paternità a Giovan Battista Jacopucci, anch'egli famoso mosaicista, le cui opere ornano le sale di Palazzo Pitti e la Galleria Imperiale di Vienna: Queste attribuzioni sono probabili, ma senza nessun fondamento certo. Sicuramente l'uso del Verde d'Arno è antico come quello dell'arte del mosaico.

In alcuni mosaici conservati in  Palazzo Pitti e risalenti al tempo di Lorenzo il Magnifico, si può scoprire, tra le tante pietre dure usate, anche il Verde d'Arno. Infatti questa pietra ha due caratteristiche peculiari: i disegni geometrici che si possono ammirare al suo interno formano delle punte sempre rivolte verso il centro della pietra ed il colore verde smeraldo al centro che sfuma verso il verde oliva per trasformarsi in bruno giallo o grigio, all'esterno.

Verde d'Arno dai colori molto sfumati.

Queste sfumature di colore sono da sempre servite a dare l'effetto delle ombre su foglie e rami dei mosaici. Oggi il Verde d'Arno, riscoperto da valenti artigiani, viene usato alla stregua della malachite o dei lapislazzuli per produrre oggetti di pregio: soprammobili, candelabri, posacenere, ecc. , apprezzati a livello europeo non solo da appassionati del settore ma anche da arredatori di prestigio e stilisti internazionali.Infatti il Verde d'Arno è una caratteristica di Firenze e si trova solo in pochi giacimenti intorno alla città: lungo il corso dell'Arno, ed in particolare, da Rosano, dove la Sieve si getta in Arno, a Candeli e poi , giù giù, fino al centro cittadino. Sono stati trovati campioni anche lungo il corso del Mugnone, nella zona delle Caldine, a Bivigliano e ai Bosconi.

 

Campione di roccia grezza appena estratta in un ricco giacimento vicino a Fiesole.

La pietra, che naturalmente ha una forma trapezoidale,un colore bianco avorio e si trova in vena ad una profondità variabile da 20 cm a 2 metri, quando viene trasportata dal fiume, diventa arrotondata e di colore giallo, percorsa da numerosi solchi neri che si intersecano più volte. Dal punto di vista mineralogico il Verde d'Arno è una varietà di pietra Alberese, cioè un  calcare marnoso compatto, a frattura concoide, di colore grigio chiaro o bianco avorio o beige, caratteristico specialmente delle formazioni eoceniche ed assai diffuso negli Appennini settentrionali. Grazie alla porosità caratteristica ed alle numerose fratture ricementate da microcristalli di calcite, è in grado di assorbire dalle acque di falda o di superficie, alcuni sali disciolti come quelli di manganese, rame, ecc. Il ferro, già presente nella roccia sotto forma di una miscela di  Fe2+  e  Fe3+ con percentuali del primo superiori al 16%, viene ossidato virando dal verde, al giallo, al bruno.

Disegni astrattisti di una pietra reperita dall'autore ai Bosconi

A seconda del numero delle venature di calcite spatica e della qualità della stessa, all'interno della pietra si vengono a formare disegni geometrici più morbidi, con colori sfumati  o viceversa disegni molto definiti e con colori accesi. Anche l'aspetto esterno della roccia cambia, a seconda della località di ritrovamento, della giacitura, della percolazione di acque più o meno ossidanti; il Verde d'Arno più bello,quello estratto in vena ha la " buccia " bianca, mentre quello di superficie gialla o bruna.

  Campione di verde d'Arno di grosse dimensioni : 40 cm x 20 cm .

CONCLUSIONI

L'Alberese è noto in tre varietà figurate usate nell'arte musiva: la Pietra Paesina, il Verde d'Arno ed il calcare Dendritico, in quest'ultimo i sali di manganese e di ferro creano l'effetto di ramoscelli, così che la fantasia dei mosaicisti l'ha paragonato ad alberi, da cui il nome di Alberese.

                                

Esempi di noduli di alberese con caratteristiche formazioni ad " occhio",  l'uno bruno,  l'altro verde.

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